venerdì 30 agosto 2013

LIBRO - "IO NON HO PAURA DEL BUIO", di Tania Della Bella

Recensione di Paolo Leone)

Lo confesso. Quando ho preso in mano “Io non ho paura del buio” sapendo che degli animali erano i protagonisti ma in prima persona, ero piuttosto scettico. Far parlare cani e gatti, affibbiandogli comportamenti e ragionamenti inevitabilmente umani, mi ha sempre dato una sensazione di furbo escamotage per far colpo al botteghino, come nei film.
Dopo poche pagine, mi sono ricreduto e la lettura di questa opera della scrittrice Tania Della Bella è stata una scoperta emozionante. Lettura molto scorrevole, e già questo è un pregio, non cade mai in una banalità scontata anzi, induce al proseguimento del romanzo quasi con il timore che vada a finir male. E il male è presente, eccome, nelle pagine e nelle storie di questi nostri amici pelosi e purtroppo proviene sempre dall’essere umano. Travolgente nella seconda parte, il romanzo corre a grandi passi verso un finale in cui si svela il significato del titolo. Il buio che è dentro il protagonista Buck è lo stesso che è dentro molti di noi..il buio che non permette di scoprire e apprezzare quel poco di bene che resiste, nonostante tutto. Bellissimo il riferimento biblico nelle ultime pagine. Nonostante l’orrore, la vita vince sempre, almeno finchè c’è una briciola d’amore. Del resto, come scrive l’autrice “non è il mondo ad essere migliore, è solo quel cuore nobile che, nell’aprirsi all’essere vivente che incontra sul suo percorso, si sente migliore e sublima l’incontro di due universi paralleli e di due anime. Altrimenti, non ha senso vivere la vita.” Non è questo l’Amore? Questo bel libro ce lo ricorda, con delicatezza, attraverso le peripezie di amici a quattro zampe. Che sia di buon auspicio per sconfiggere il buio dentro ognuno di noi.
- edizioni ceranunavolta -

martedì 27 agosto 2013

LIBRO - "IL SOCCOMBENTE", di Thomas Bernhard

(Recensione di Francesco Anania)

La solitudine dei non numeri primi. “Cogliamo sempre nel segno, dicevo a Wertheimer, pensa, quando diciamo che questo o quell’uomo è un’infelice, mentre non cogliamo mai nel segno quando diciamo che questo o quello è un uomo felice” – Thomas Bernhard – Il Soccombente – 1983
E’ un monologo questo libro. Senza Capitolo. Senza fondo. Un unico spessore sottile come il ghiaccio che separa la vita assurda ed infelice di 2 allievi di Horowitz.
Ma quando ti imbatti in un genio, davanti alla stanza 33, mentre esegue un’aria delle “Variazioni Goldberg”, si scatena l’inferno in te. Non si sopravvive. Che fai, allora? Continui a suonare o no?
Il libro racconta il suicidio di un compagno di Glenn Gould e dell’abbandono del caro Steinway da parte dell’altro.
Insomma, la vita, l’arte, il perdersi, la resa. Il soccombere.

TEATRO - "ROMA-LIVERPOOL 1-1", di giuseppe Manfridi

(Recensione di Paolo Leone)

Può la rievocazione di una partita di calcio, seppure storica come può esserlo una finale di Coppa dei Campioni, divenire poesia, prosa dilagante e affabulatrice, tanto da tenere in sospeso un teatro stracolmo, a distanza di 30 anni? Se l'autore del testo è Giuseppe Manfridi, drammaturgo eccelso, e l'interprete Paolo Triestino, uno degli attori più straordinari della scena teatrale, la risposta non può che essere affermativa. "Roma - Liverpool 1 - 1, andato in scena ieri sera nella rassegna Fontanone Estate, giunta alla sua diciottesima edizione, e causa meteo ospitata eccezionalmente nel Teatro Belli a Trastevere, è un monologo di rarissima intensità e difficoltà recitativa che solo un big del palcoscenico può interpretare senza sbavature e cadute di ritmo. La scrittura di Manfridi, noto per il suo "teatro dell'eccesso", come felicemente definì la sua prosa il critico Di Giammarco per sintetizzarne l'arditezza e la ricchezza che giunge appunto all'eccesso di idioma e di contenuti, viene felicemente messa in scena da Triestino, trasportandoci tutti nel 1984, 30 maggio, in quella che fu la giornata più esaltante e triste della tifoseria romanista: la sconfitta (ai rigori) nella finale di Coppa Campioni. Ma c'è tanto altro. C'è l'immersione in un'epoca intensa di avvenimenti in Italia, c'è l'amore ingenuo del protagonista verso una ragazza che diventa irraggiungibile come la Coppa, c'è il ricordo commovente di capitan Agostino Di Bartolomei, di una città che era forse migliore di quella odierna. Ma soprattutto c'è tanta passione, tanto sentimento magistralmente riversato sul pubblico che, indipendentemente dalla fede calcistica, ne rimane rapito, conquistato, travolto, commosso. Una prima nazionale che, a detta dello stesso interprete, è stata difficile e molto impegnativa, ma che è stata un vero trionfo, suggellato dall'ovazione del pubblico attento e assorto durante lo spettacolo. Un banco di prova felicemente superato da Triestino ed il suo staff.
Ancora in scena il 27 e 28 agosto al teatro Belli e durante la stagione invernale al teatro Ghione.

martedì 20 agosto 2013

FILM - "QUASI AMICI", di Eric Toledano e Olivier Nakache

(Recensione di Daniela Spagnoli)

Il film ha avuto uno straordinario successo ben al di sopra di ogni aspettativa, segno che la gente ha bisogno di storie, possibilmente semplici, capaci di toccare quelle corde emotive che se pizzicate suscitino le due reazioni più genuine che dall'infanzia alla terza età scortano la vita di ogni essere umano: la risata e il pianto.
L'idea è tratta da un documentario del 2003. Il vero incontro tra l'aristocratico tetraplegico Philippe Pozzo di Borgo e il badante di umili origini algerine Abdel Sellou diventa un film divertente, commovente allo stesso tempo ma anche educativo.
Per quanto mi riguarda è il film più bello degli ultimi tempi.
Certo essere tetraplegico milionario è molto differente dall'esserlo come pensionato Inps ciò nonostante il film merita di essere visto.

lunedì 19 agosto 2013

LIBRO - "LA NOBILDONNA", di Giuseppe Marletta

(Recensione di Daniela Spagnoli)

La prima impressione è che si tratti di un libro "giallo" ma con il dipanarsi della storia si scopre in parallelo un'altra narrazione riguardante la vita dell'uomo carabiniere e sul significato dell'appartenenza all'arma.
Devo ammettere in tutta sincerità che ho sempre considerato il carabiniere come un ufficiale al servizio della società senza considerare il suo lato umano, questo romanzo mi ha dato la possibilità di conoscere un mondo concomitante ma sconosciuto.
Il romanzo è molto coinvolgente sia per le splendide descrizioni che per il modo di scrivere raffinato.
L'autore mi perdonerà questa licenza ma amo le note di colore; già dal primo romanzo si capisce che il "ragazzo" ha del talento.

domenica 18 agosto 2013

LIBRO - "LE VERITA' INATTESE", di Giuseppe Marletta

(Recensione di Raffaella Delpoio)


"Sono arrivata all’ultima pagina del suo bellissimo libro e ho deciso di scrivere la mia recensione in merito a questa Opera, siccome mi è piaciuta moltissimo, la modalità della sua sul mio libro, adotterò lo stesso sistema che rende chiari i passaggi.
Inizio a dire che trovare in un libro tante regole di vita non è semplice, un libro di solito o è un racconto, o un giallo, o un auto biografia o…ecc ecc. Questo libro invece è un insieme di tutto ciò! Complimenti.
Scrivo ora i motivi per cui ho, come già detto, non letto ma VISSUTO questo testo:
• Antefatto. In queste prima pagine la mia mente è spaziata nei ricordi di un caro amico, figura molto importante nella mia vita e nella lettura l’ho rivisto come se fosse ancora una volta lì con me (ho regalato un suo libro al figlio che di certo proverà le stesse sensazioni).
• Antefatto. Sempre in queste prime pagine ho riscontrato quei valori ben dettagliati che andiamo perdendo in questa modernità, dove il maestro era una figura educativa, e di aiuto per l avvenire dignitoso dei ragazzi. La scuola non era solo un luogo di studio ma soprattutto un luogo dove le regole della vita venivano insegnate come il rispetto altrui. Belli i passaggi dei litigi tra i ceti sociali, cosa che non si è persa nei tempi. Ammirevole la descrizione delle differenze tra il ricco e il povero, cosa che viene ripresa anche nella festa dove le donne più povere risistemavano le vesti per essere comunque belle come le ricche.
• Mi ha colpito molto il passaggio naturale nell’inserire il lavoro dei Carabinieri, scollegandosi non troppo dalla vita dei due ragazzi. Questo sapendo le difficoltà che si trovano a scrivere un libro mi ha sorpreso…Complimenti.
• Ho vissuto l’interrogatorio, come fossi seduta su quella sedia, a ogni personaggio mi immedesimavo, queste domande forti di chi interroga, di chi si ferma e ti lascia riprendere fiato, di chi ti guarda e capisce ciò che tu, magari neppure vuoi dire, la sempre forte umanità che mettete quando capite che al di là della vostra scrivania , c è chi, ha sofferto, o,ha solo sbagliato per paura, o per rabbia. Ho riportato alcuni passi su un foglio e li leggerò nel momento in cui farò la mia prossima presentazione affinchè possa far capire la NON paura nel parlare con voi e quindi nel denunciare i crimini.
• Molto commovente il susseguirsi delle vicende, mentre la vita della ragazza si complica e sceglie di non perdere i sacrifici della famiglia, in caserma si vive una bellissima vita di famiglia, i Carabinieri sembrano tutti fratelli ognuno con il rispetto per l'altro e per la carica che ricopre. E tutti uniti, con lo stesso spirito di collaborazione e di amore.
• Molto accurata nei particolari sia la storia di quei tempi, che la parte religiosa.
• In questo punto desidero ringraziare Giuseppe Marletta per aver evidenziato un problema che nessuno avrebbe avuto il coraggio di evidenziare, facendo capire al lettore le difficoltà che la mafia crea anche a livello burocratico e/o di magistrature. Questo le dona la mia Stima. Un autore che scrive ciò, e che riesce a far capire così bene che le forze dell’ordine, non si fanno “ comprare” mi ha rincuorato e mi darà ulteriormente la forza per fare una lotta affinchè le persone denuncino.
• Un libro scritto con la capacità di saper scrivere, di saper dare al lettore la capacità di immedesimarsi nella vicenda, di vivere lo stesso libro che rimane nel cuore con la voglia di pubblicizzarlo al solo scopo di far vivere ad altri la lettura appena vissuta.
• Ho letto il libro di impeto, per rallentare la lettura nelle ultime pagine cosciente del fatto che mi spiaceva che lo stesso fosse finito, e l’abbandonare la lettura di questa storia così intensa mi dava quasi dispiacere.
• Un finale che si prolunga quasi a voler " mettere in puntini sulle ì" (come dice il proverbio), classico delle FORZE DELL ORDINE, molto molto appagante.
• Mi soffermo anche a "spendere" due parole sulla Casa Editrice che ha saputo valorizzare con una grafica molta attenta l’opera rendendola raffinata e regaando alla stessa un valore appropriato.
• Un solo consiglio mi sento di dare all’autore, il consiglio di una persona che è stata definita la donna coraggio per ciò che ha vissuto..... continui a scrivere, Giuseppe Marletta, continui a donarci opere come queste, continui a farci vivere queste vite , questi valori.
Mi fermo ora a sintetizzare ciò che penso del libro ..............
LE VERITA' INATTESE ...........UN LIBRO CHE NEL LEGGERLO...... SI VIVE!!!!!!"

LIBRO - "LA NOBILDONNA", di Giuseppe Marletta

(Recensione di Luisa Bolleri)

"La Nobildonna" è un noir poliziesco, in cui il giovane protagonista, carabiniere di leva della provincia di Parma, viene trasferito in un paesino in provincia di Catania, distante sotto molti aspetti anni luce dalla sua terra d'origine. Sono gli anni '70. In una Sicilia sottomessa dai soliti poteri forti a condizionamenti sulla politica, l'economia e le amministrazioni, condizionamenti che spesso favoriscono gli interessi della mafia, il romanzo si dipana attraverso il racconto dei sentimenti, i pensieri e le emozioni del giovane Attilio Franz Guarino. Inizialmente intimorito dal nuovo ambiente e dal dovuto rispetto verso le varie gerarchie all'interno della Stazione dei CC, dove peraltro spicca la burbera personalità del Comandante, strada facendo il giovane si troverà a scoprirsi oggetto di un'insperata quanto fraterna accoglienza. Guarino dovrà confrontarsi con il suo primo caso, l'omicidio di un'anziana e ricca nobildonna. Tutti i carabinieri della piccola caserma si impegneranno in un affiatato gioco di squadra, tra suspense e colpi di scena. L'autore Giuseppe Marletta dipinge nel suo contesto storico uno splendido spaccato di vita della Sicilia e della vita quotidiana di un carabiniere.

LIBRO - "CACAO AMARO", di Martina Dei Cas

(Recensione di Giuseppe Marletta)

Martina Dei Cas è una brava e giovanissima scrittrice, che vi ha raccontato la sua esperienza di volontariato nel Nicaragua.
Nel romanzo Ho apprezzato:
a. le atmosfere ed i colori, con un’analisi psicologica di tutti i personaggi, molto diversi tra loro. In particolare ho rilevato che:
in Viana hai riversato il desiderio e la grande volontà delle donna del Nicaragua di battersi per migliorare la propria condizione, vincendo pregiudizi secolari
in Ena, inoltre, è forte il desiderio di coronare il sogno dell’infanzia, accresciuto dalla volontà di giusta rivalsa nei confronti del patrigno e di aiutare, nel contempo, l’amica del cuore;
Carlos colpisce per il suo carattere silenzioso e tenace, ma si intuisce che è spinto dall’antico amore per l’amica di infanzia, mai rivelato e tenuto nascosto nell’angolo più recondito del cuore;
Svetlana incarna molto bene il ruolo della donna che ha raggiunto i propri obbiettivi dopo aver lottato contro un sistema che l’avrebbe destinata a tutt’altro;
b. l’amore per il Nicaragua e, soprattutto, per la provincia di Waslala, descritta con precisione ed in modo tale da farla conoscere al lettore;
c. la grande spinta interiore a te fornita dal volontariato, i cui ideali ti hanno consentito di affrontare un’esperienza che ti ha chiaramente e positivamente segnata, come abbiamo apprezzato durante la presentazione del romanzo.

LIBRO - "SEPOLTURE IMPERFETTE", di Elisabetta Santini

(Recensione di Giuseppe Marletta)

Con un linguaggio fresco e sciolto l'autrice ha tessuto la trama di un romanzo affascinante dove amore, mistero e paranormale si fondono per dare vita ad una storia in cui l’autrice scava nell’anima dei protagonisti per portare alla luce le loro “Sepolture imperfette”. Regna tra le pagine la suspense e l’incipit è radioso con la descrizione della bella restauratrice. Si colgono, favorevolmente, inoltre:
a. le atmosfere ed i colori, con un’attenta analisi psicologica di tutti i personaggi, molto diversi tra loro;
b. la passione per l’arte dell’autrice ;
c. il “grido di dolore” nei confronti della concezione, relativa ad un’altra protagonista (Sara), del ruolo della donna quale “sottomessa” all’egoismo dell’uomo;
d. l’amore per la campagna toscana, descritta con precisione ed in modo tale da farla conoscere al lettore;
e. la trama, ben sviluppata nella successione delle vicende vissute dai cinque protagonisti, con un colpo di scena finale;
f. l’accuratezza della descrizione delle metodologie scientifiche delle indagini.

LIBRO - "QUELLA NOTTE", di Luisa Bolleri

(Recensione di Giuseppe Marletta)

Ho letto tempo fa un bel noir, "Quella notte" di Luisa Bolleri, e ne ho ricavato una favorevole impressione. Nel romanzo, infatti, si colgono favorevolmente:
a. le atmosfere ed i colori cupi, con un’attenta analisi psicologica dei quattro personaggi (due uomini e due donne), molto diversi tra loro. Si apprezza, in particolare, la descrizione del dramma di una donna, vittima dell’egoismo e della violenza dell’uomo, sempre di attualità;
b. l’amore per la Toscana, Firenze ed Empoli in particolare, descritte con precisione ed in modo tale da farle conoscere anche ad un ignaro lettore;
c. la trama, ben sviluppata nell’alternanza delle vicende vissute dai quattro protagonisti (con un’efficace descrizione delle violenze subite da una delle donne e della sua drammatica morte) e con un avvincente colpo di scena finale;
d. l’accuratezza della descrizione delle metodologie scientifiche delle indagini;
e. la riflessione, infine, sui valori della nostra società, con un forte grido d’allarme sul modo quasi mai corretto con cui vengono affrontati i problemi del disagio mentale e sulle violenze subite continuamente dalle donne.        
L’autrice Luisa Bolleri, in definitiva, dipinge un forte spaccato del rapporto uomo-donna e dell’eterna lotta tra il bene ed il male.

sabato 17 agosto 2013

LIBRO - "IO NON HO PAURA DEL BUIO", di Tania Della Bella

(Recensione del Gen. Federico Castrovono)

"Avevo definito questo volume un "saggio" dopo aver letto la presentazione ufficiale del libro e ancor prima di averlo letto. Pensavo, infatti, che si trattasse di uno studio mirato alla psicologia dell'animale ai fini del suo utilizzo in campo pet terapy. Dopo averlo letto, però, ho capito che la mia supposizione era errata: il libro, infatti, si è rivelato una coinvolgente narrativa scritta da un animo gentile e nobile e amante degli animali, che ha provato, riuscendovi al meglio, a trasferire negli animali protagonisti del libro tutti i suoi sentimenti umani e a comunicare al lettore il quesito retorico "ma perché un cane o un gatto non possono provare tra di loro e verso gli umani analoghi sentimenti che proviamo noi umani?!?". Beh, io son convinto che la sig.ra Della Bella sia riuscita in pieno a comunicarmi ciò. E, siccome io non sono un marziano, ritengo che questa comunicazione possa arrivare a qualunque altro umano, soprattutto se bambino e/o ragazzo, con l'effetto di forgiarne animo e sentimenti verso un atteggiamento più rispettoso del mondo animale e di abbassare il livello di randagismo che la mia generazione ha concorso a creare!"



MUSICA - "MERCANTE D'ARMI, il piacere dello slow life"

(Recensione di Paolo Leone)

Si, stavolta mi sono preso un po' di tempo per scrivere qualcosa. Come ho detto ai miei amici musicisti, dovevo capire a cosa avevo assistito..cosa avevo ascoltato. Lo confesso, il cantante di questo gruppo mi aveva spiazzato, confuso. Scherzava, faceva sul serio...boh. Musica di qualità senza dubbio, ma dovevo digerire, assimilare quanto visto e ascoltato. Ho avuto la brillante idea di procurarmi il cd. Ascoltato due volte consecutive, e anche adesso mentre scrivo. Posso dire con certezza che è un prodotto di gran qualità, musicisti veri che si divertono e non potrebbe essere altrimenti con i testi di Roberto Rosa, l'atipico leader del gruppo. Ironia, surrealismo che non sconfina mai nel non-sense. Ritmi accattivanti, decisamente gradevoli, una ricercatezza nel suono che lascia stupefatti, se confrontata con la voglia di non prendersi troppo sul serio declamata dalla loro opera prima..anzi seconda (la prima, come ripete Rosa, non è mai stata pubblicata). E' bellissimo il titolo: "Vivere in levare"...che lascia interdetti come il primo ascolto. Ma la sorpresa è all'interno del cd, dove viene spiegato. "Viviamo gran parte del tempo in battere, cercando di arrivare...agli appuntamenti della nostra vita..batti il ferro finchè è caldo, è l'incitamento di chi pensa positivo, sembra quasi di sentire i colpi...poi poco a poco ci rendiamo conto che si può vivere in levare, si può...tralasciare gli impegni inutili, rinunciare a certi oggetti..sottrarre..eliminare..abbassare il volume del battere, alzare quello dello swing"...
Ecco, la bellezza della lentezza, dell'assaporare la vita con quel pizzico di autoironia..ecco chi sono i "mercante d'armi". Loro non vendono "armi offensive, ma solo ironicamente autodifensive". Da seguire, con lentezza nel cuore e col sorriso sulle labbra. Una citazione d'obbligo per la bellissima "la musica del vivo" che ascoltata domenica sera in quel locale, mi ha fatto venire voglia di abbracciarli uno ad uno.




 I musicisti (livelli notevoli): Roberto Rosa (voce e chitarra acustica)
Marco Bartoccioni (chitarre acustiche, elettriche, lap steel, pedal steel e mandolino)
Silvano Lentini (basso)
Fabio Gelli (percussioni)
Franco Fiorenza (batteria)

FILM - "LA GRANDE BELLEZZA", di Paolo Sorrentino

(Recensione di Paolo Leone)

Questa non è una recensione, almeno nel senso classico del termine. Una recensione vera presuppone una preparazione, un "retroterra" di cultura cinematografica (come direbbero quelli bravi) che non appartiene al sottoscritto. L'unico esercizio che posso svolgere è quello di riavvolgere le emozioni di un pomeriggio al cinema, dopo aver ammirato il film di Paolo Sorrentino, con la star Toni Servillo. Premetto che quest'ultimo, "a pelle", non mi è particolarmente simpatico, ma certe sue espressioni, certi suoi sguardi, valgono da soli il prezzo del biglietto. Lo rivedrei già domani, per carpirne gli aspetti più sfuggevoli.
E' stato emozionante, molto. Una colonna sonora sontuosa, una fotografia mozzafiato, una regia superlativa. Magari alcuni passaggi sono poco chiari, ma sicuramente è colpa mia. La sensazione costante, anche nelle scene più belle, di un mondo in disfacimento, senza speranze. "Siamo tutti sull'orlo della disperazione", afferma Jep Gambardella in uno dei suoi affascinanti discorsi sulla vacuità di ciò che vive tutti i giorni. Mentre ammiravo l'opera, finalmente in una sala assorta e concentrata, mi ripetevo: "è un acquario...uno splendido acquario". Questa è stata la sensazione mentre davanti agli occhi scorrevano le scene spesso oniriche e recitate da grandi protagonisti. Un acquario, dove è difficile capire chi sta dentro e chi fuori. Se "il niente" della mondanità che consuma la vita del Gambardella e dei suoi "amici", o la vita "vera"...ma cosa è vero? Falliti convinti di essere il motore del mondo, arrampicatori di ogni genere, improbabili guru pseudo chirurghi estetici...e sprazzi di bellezza assoluta, nelle immagini della nostra Roma che continua a esistere come il suo fiume o nei ricordi di una purezza adolescenziale che comunque non svanisce.
Un circo di persone, dove tutto "è solo un trucco" come grida il prestigiatore amico del buon Jep sempre più in crisi esistenziale. E dove tutto è finzione, persino durante un funerale...durante il quale, quando il sacerdote chiama gli amici del defunto per portare in spalla la bara, cala il gelo e l'imbarazzo. Amori, amicizie, rapporti di ogni genere..segnati dal nulla. Carlo Verdone e Sabrina Ferilli danno vita a due personaggi di rara intensità. Una piccola luce di speranza lo lascia il finale, in cui Servillo-Gambardella capisce l'importanza delle radici e si scuote, proponendosi di tornare a vivere, scrivendo un nuovo romanzo.
Una grande opera, da vedere e rivedere. E anche da ascoltare.

LIBRO - "UN RECORD... D'AMORE", di Tania Croce

(Recensione di Paolo Leone)

Un Record… d’amore, è un libro pieno di cose, pieno di vita, in cui la ricerca e la scoperta del “doppio” è il filo di Arianna dietro al quale si dipanano le vicende di Elena ed Elena2, due donne coraggiose che affrontano le ansie, i piccoli e grandi drammi dell'esistenza. Una storia ben costruita, godibilissima, scritta in modo “colto” ma non pesante.
L’escamotage della cantastorie blogger che si firma Rossana come la cugina di Cyrano e scoperta da un lettore virtuale che decide di mettere su carta con tutti i commenti dei lettori questa singolare e toccante storia sulla conquista dell’autostima, rende tutto molto scorrevole, quasi leggiadro. Attraverso uno stile nuovo, una sorta di romanzo epistolare in chiave “internettiana”, l'autrice sottolinea la difficoltà dei contatti umani nell'era dell'incomunicabilità odierna. Dulcis in fundo, il teatro in questo viaggio psicologico nei meandri dell’animo umano. Teatro, letteratura e poesia a tessere la trama del bel libro di Tania Croce, scrittrice fresca e appassionata, una vera e propria rivelazione nel mare della letteratura contemporanea.

venerdì 16 agosto 2013

LIBRO - "LE GRIDA SILENZIOSE DEL CUORE", di Paolo Volpi

(Recensione di Maura Picinich)

Paolo ha l’ansia di crescere e di diventare adulto, e vede nel padre un modello da emulare.
Ma la realtà familiare si rivelerà ben diversa e quel padre, che personifica il poliziotto coraggioso in difesa dei deboli, si rivelerà un violento capace di sottomettere alla sua volontà anche la sorella maggiore e la madre.
Scritto in forma di diario, l’autore si cala nei panni di un ragazzino di nove anni per raccontare una delle tante storie di violenza e di soprusi da parte di un genitore: storie di cronaca il più delle volte nascoste e taciute per timore, per un concetto di famiglia che non appartiene ormai più al nostro tempo, e che riemergono sporadiche sui giornali o alla tv quando fanno notizia per venire poi rapidamente sepolte da altre cronache.
Eppure la violenza celata nella famiglia esiste, la sopraffazione dell’adulto sul bambino è quanto mai attuale, persino la violenza sessuale sui figli è realtà. Il figlio è sacrificato al piacere dell’adulto come fosse un oggetto proprio cui si abbia ogni potere. Non restano allora che quelle “grida silenziose” di un cuore bambino che piange dentro, che si sacrifica per non far soffrire gli altri membri della famiglia e non renderli partecipi di quel rito sacrificale che si perpetua nel silenzio della notte.
Con un ritmo serrato l’autore ci porta dentro la storia, ci fa vivere un’esperienza che sulla psicologia della fanciullezza ha molte ripercussioni a livello di crescita.
Direi che, anche se il protagonista è un bambino, il libro è adatto soprattutto agli adulti ed entra nel novero di quella letteratura realista che trae spunto dalla attualità, per focalizzare l’attenzione su un tema che cointeressa educatori, insegnanti, assistenti sociali, spesso a contatto con situazioni difficili dei loro alunni ma mai liberi di agire. Quanta verità c’è nelle parole di un bambino che dice e non dice, come farla emergere senza violentare psicologicamente la sua psiche già duramente provata.
Interessante e sorprendente a mio avviso la soluzione finale proposta dall’autore. Qualcosa va salvato, nonostante tutto, perché, e Paolo Volpi ce lo dimostra, la famiglia è ancora un valore e in qualche modo va ricomposta.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, ma poi ripensato, perché non possiamo esimerci da constatare innanzi tutto le colpe di noi adulti, spesso avulsi dalla realtà infantile.

LIBRO - "LE VERITA' INATTESE", di Giuseppe Marletta

(Recensione di Leonardo Miucci)

Ci sono storie che si narrano da sé nel senso che l’autore le ha dentro e non deve fare altro che metterle nero su bianco. Ed è questo ciò che penso dell’ultima fatica letteraria compiuta da Giuseppe Marletta, scrittore di narrativa alla sua seconda esperienza, che con il suo ultimo libro “Le verità inattese” edizioni “C’era una volta” sono certo non tarderà ad imporsi all’attenzione del grande pubblico. Il libro, che è stato presentato il 24 gennaio u.s. presso la Provincia Regionale di Siracusa, ha ottenuto i patrocini gratuiti del comune di Mineo e dell’Assessorato alle Politiche Culturali e del Centro Storico di Roma Capitale. Ma veniamo al romanzo.
La storia ha come sfondo un paesino della Sicilia orientale negli anni ‘60 e ’70 e la trama è incentrata su due protagonisti principali ed altri secondari ma non di minore importanza. Due ragazzi, poco meno che adolescenti che si incontrano tra i banchi di scuola e che il destino farà prima allontanare, poi rincontrare e ancora allontanare e poi… Al centro della storia ci sono i carabinieri della locale Stazione che indagano per un omicidio di una persona, figlio di un ricco e potente imprenditore dello stesso paesino.
L’opera può definirsi di genere giallo, ma solo in apparenza. Certo del giallo ha tutti gli ingredienti: un bell’intreccio, una coinvolgente suspense, una particolare e curata descrizione tecnica degli elementi investigativi e, infine, l’esito delle indagini che costituisce, e non tradisce, il titolo del romanzo la cui attesa nel lettore riesce, come si suole dire, a tenerlo incollato – letteralmente – dalla prima all’ultima pagina. La natura “giallista” (mi sia consentito il termine) è insita nell’autore non foss’altro perché egli è un ufficiale dei carabinieri, attualmente in servizio nella provincia di Parma, e può vantare al suo attivo diverse e diversificate esperienze di natura investigativa.
Ma il romanzo apre, invero, anche ad altre riflessioni. La trama narra le vicende di due famiglie povere, quella di Andrea e Giulia, i due protagonisti principali. I loro padri sono rispettivamente operaio e contadino che sbarcano il lunario grazie alla forza delle loro braccia. Essi, nel momento in cui le condizioni lavorative peggiorano, sono costretti a fare scelte radicali per assicurare il pane alle rispettive famiglie: emigrano in cerca di ulteriori possibilità. E quelle scelte si ripercuoteranno, nel bene e nel male, sui figli che le dovranno, loro malgrado, accettare. Quelle vicende familiari e il susseguirsi degli eventi mettono in evidenza sul piano esistenziale l’assunto di marxiana memoria secondo cui le condizioni umane di ognuno sono dettate dalla ricchezza e dunque, detta in altre parole, la vita di ognuno di noi appare drammaticamente imposta dalle condizioni materiali, cosicché l’uomo, benché reputandosi padrone del proprio destino, non lo è affatto.
E la storia di Andrea e Giulia sembra drammaticamente confermare questa teoria. Ma c’è anche dell’altro. Nella tragica scelta di Giulia ho visto la sua dichiarata accettazione alla vita; vi ho scorto in quella giovane donna una laica Rita da Cascia, che consapevolmente accetta su di sé le sventure della sua famiglia e se ne fa carico.
Devo dire che Giulia è il personaggio che in assoluto mi ha commosso. La tragicità del romanzo e della vita in esso narrata (e d’altronde che cos’è il romanzo se non la narrazione della vita), dunque, è tutta in questa giovane donna che consapevolmente accetta il tragico divenire, sebbene alla fine…
L’autore ha dimostrato di possedere, inoltre, una accurata competenza storica ed una consapevole coscienza civica, oltre che una provata erudizione nel campo dell’arte e della letteratura. Nel dipanarsi della trama, infatti, egli non ha omesso di mostrare, attraverso una concreta dialettica volutamente instaurata tra i vari personaggi in causa, per esempio le atrocità compiute dal regime fascista; gli scempi di una irrazionale opera di devastazione ambientale condotta in nome del progresso scientifico in particolare nella provincia aretusea e le sofferenze che i nostri connazionali dovettero affrontare del tragico fenomeno migratorio verso il Nuovo Continente che segnò l’inizio del secolo scorso. Come si noterà il romanzo è qualcosa di più di un semplice giallo; è un romanzo complesso e poliedrico, ricco di riferimenti storici, sociali ed economici realmente accaduti. Particolarmente curata è nel libro la descrizione architettonica delle chiese del paesino dove ha luogo la storia, e molti sono i riferimenti alla letteratura russa, francese e italiana, in particolare quella che fa capo al clima del Neorealismo francese e Verismo italiano col quale la trama sembra avere specifiche e dirette affinità.
Un ultimo breve riferimento mi sembra doveroso farlo alla scrittura di Marletta. Essa è assolutamente coinvolgente, capace di tenere fermo il lettore sulle oltre 480 pagine e farlo attendere in attesa che gli eventi si dispieghino. Dimenticavo un aspetto importante: è un bel romanzo, leggetelo!


LIBRO - "L'ISOLA DELLA PAURA", di Dennis Lehane

(Recensione di Ermanno Amedei)

Niente zombi o morti che camminano. Al di la del titolo, il libro é un bel thriller. Appare inizialmente come un giallo e conserva questa caratteristica per buona parte della stesura. Poi l'autore insedia dei dubbi, poi li rimuove in un gioco mentale  avvincente, per nulla semplice da costruire.
Lo scenario é quello di un manicomio criminale su un'isola negli Stati Uniti. Il protagonista é Teddy, un agente federale incaricato di far luce su una evasione inspiegabile ma anche di trovare prove che sull'isola i medici compiono esperimenti illegali sui pazienti detenuti.
Il finale é sorprendente e se svelato potrebbe far credere che il libro lasci l'amato in bocca ma così non é. Un bel viaggio nella follia.


LIBRO - "POMPEI, 79 d.C Venti ore alla catastrofe", di Roberto Harris

(Recensione di Ermanno Amedei)

 
La terribile sorte di Pompei vista con gli occhi di chi l'ha vissuta. Un romanzo storico ben fatto, credibile, senza incoerenze evidenti se non, forse, nella tempistica.
Attilio é una vera autorità,  un ingegnere del colossale acquedotto romano in Campania, l'Augusto, il piú imponente, che a poche ore dall'eruzione del Vesuvio, smette di funzionare. Una rottura che Attilio, ignaro come tutti di ciò che accadrà, riparerà cogliendo i segnali dell'imminente catastrofe. Ma non solo. Il racconto é anche un efficace spaccato di società imperiale, dilaniata dalla corruzione e dai vizi di ex schiavi arricchiti (Ampliato) ma moralmente sorretta da personaggi devoti al culto della forza e determinazione romana (lo stesso Attilio, Plinio, Torquato). Attilio scopre una grossa evasione dei tributi per l'acqua e la corruzione che l'aveva permessa. In tutto questo anche
un filo di sentimento amoroso quando il protagonista, vedovo seppur giovane, si innamora della figlia del corruttore ed evasore.

lunedì 12 agosto 2013

Libro - "La Legione", di Simon Scarrow

(recensione di Mario Tardivi)

Narra le gesta di un gladiatore, Aiace, che, in fuga da Roma, percorre tutto l'Impero, seminando morte e distruzione, massacrando civili inermi e pacifici al pari dei militari. L'imperatore sceglie tra i suoi Macrone e Catone e gli affida un compito ai limiti dell'impossibile: fermare le sue gesta, catturarlo o ucciderlo prima che il gladiatore faccia partire una rivolta che si estenda a tutto il Medio Oriente. L'ex schiavo è abile e sfuggente, furbo ed assetato di sangue, capace di evitare trappole al pari di tenderle. L'inseguimento si spinge sino in Egitto, in un ambiente ostile, tra paludi e deserti lungo il Nilo, sotto un sole cocente e belve feroci, malattie pericolose ed etnie belligeranti. Tra scontri, imboscate ed agguati, battaglie ed assassini, i due legionari arrivano alla resa dei conti, sospinti dalla disperazione e dalla voglia di fermare il pericolo per l'Impero. Prevale lo spirito di vendetta dei due militari, dopo che hanno visto tanta gente inerme uccisa a tradimento.

venerdì 9 agosto 2013

Libro - "Caduta libera", di Nicolai Lilin

(recensione di Gianluca Dibenedetto)

Secondo libro di Nicolai Lilin, seguito di "Educazione siberiana" , al quale si riallaccia per raccontare/descrivere la sua esperienza biennale nella follia della seconda campagna di guerra dell'esercito russo in Cecenia. L'autore descrive esperienze personali e fatti che gli sono stati raccontati da compagni d'arme, utilizzando anche questa volta un linguaggio comune, diretto e senza censure; descrive la crudezza dell'orrore di quella campagna fino al suo congedo, non lasciando spazio alla fantasia. Il risultato è un racconto, che per chi vuole un rendiconto non indorato dei fatti, che andrebbe bevuto tutto d'un fiato.

domenica 4 agosto 2013

Libro - "Le molecole affettuose dei lecca lecca", di Francesco Consiglio

Glielo avranno detto in molti, a Francesco Consiglio, che a leggere le peripezie del suo enigmatico personaggio, Ciccio Pesce, pareva di sentire Nanni Moretti. E, infatti, il suo è uno stile creativo, innovativo, quasi teatrale, decisamente molto personale. Ciccio è un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, o almeno questo è ciò che i suoi "sicilianissimi" genitori credono - insinuando il dubbio e sciogliendolo solo sul finale - sottoponendolo a visite e cure da cui cercherà di evadere. Ed è proprio da questa evasione che inizieranno a susseguirsi tutta una serie di situazioni che vanno dal grottesco al surreale. La vita adolescenziale di Ciccio, quindi, appare costellata da personaggi che l'autore delinea con poche pennellate e che, paradossalmente, hanno ognuno da insegnargli qualcosa. Infatti, con il susseguirsi delle pagine, si assiste ad una crescita emotiva, oltre che anagrafica, del protagonista, che man mano consolida alcune convinzioni e fissa suoi personalissimi punti fermi. Non deve imbarazzare il linguaggio suino con cui si manifesta l'imprescindibile componente sessuale, bizzarra e talvolta esasperata: a quell'età, si sa, si vivono vere e proprie sperimentazioni monotematiche e Ciccio ci scivola dentro, senza ipocrisie, e principe di una metamorfosi che porterà il lettore a farsi un'idea sempre più esterna del ragazzo, nonostante l'analisi arrivi proprio dall'interno di sé. Infatti, si apprezza particolarmente la prospettiva unica attraverso cui Ciccio vede il mondo e, univocamente, lo interpreta.


Per purissima coincidenza, finito di leggere questo, ne ho ripreso un altro (già letto anni fa e che mi era particolarmente piaciuto) il cui protagonista, Cristopher, è anch'egli affetto dalla stessa sindrome di Ciccio. A breve recensirò..

giovedì 1 agosto 2013

Libro - "Educazione siberiana", di Nicolai Lilin

(recensione di Gianluca Dibenedetto)

L'autore, classe 1980, nasce in una regione della Siberia, la Transnistria, e descrive in maniera romanzata la sua adolescenza in una comunità criminale fondata su rigidi e solidi principi che si basano sull'assoluta assenza di rispetto per l'apparato statale post sovietico al quale attribuisce tutte quelle connotazioni negative di una macchina pubblica nata e cresciuta tra politica corrotta e sistema giudiziario assolutamente in linea con quest'ultimo.
L'altra faccia della medaglia di questo regime criminale é l'assoluto rispetto per l'uomo e per quei principi che, a pensarci bene, ci riportano a memoria, per molti aspetti, a caratteri fondamentali di una società civile.
Lo stile di Lilin è diretto e crudo ma non tendente a scioccare il lettore quanto semplicemente a rendere l'idea dell'aria che lui ha respirato e riesce, con una descrizione attenta ma non noiosa a fare vedere gli ambienti in cui il tutto si svolge e sentimenti provati.
Da questo libro è stata già tratta la sceneggiatura di un film di Salvatores.